24 novembre 2017

Da Il fuoco e la cenere. Esercizio – Attilio Bertolucci

opera di Andrew Wyeth
Da Il fuoco e la cenere – Attilio Bertolucci
Esercizio

Dormire vicino al fuoco, sdraiati in una vecchia poltrona, nei freddi e grigi mattini d’inverno, è uno dei rari piaceri di questa vita. Fuori c’è ancora scuro, e i colombi non la smettono con quel loro monotono tubare, che evoca così bene il petto da cui esce, gonfio d’amore e caldo di penne cenerine. Un grave ragionare di cose futili. La campagna è deserta e rabbiosa di piante, spoglie ormai della retorica primaverile ed estive delle foglie, rivelano la loro vera finzione, scaldare. Il fuoco è appena acceso, ed ha tutto il disordinato ardore della giovinezza, ma si calmerà, oh se si calmerà. Di tanto in tanto dà fuori in allegri scoppi, o frigge, e la cappa aspira voluttuosamente. Vuol dire che s’è inviato proprio bene; avrà un’esistenza regolare, senza rilassatezze o crisi e si concluderà naturalmente e in un bel mucchio di cenere bianca e calda, di quella che va a meraviglia per il bucato, o per lustrare il rame. Noi si finisce di essere utili prima.
A completare il quadro c’è la sveglia made in Japan, che si fa sentire a intermittenze, è questo è uno dei pochi misteri che mi arrovellano, la sveglia fa sempre tic-tac e si sente solo in certi momenti. Il sonno intanto, con passo lento, gattesco, si avvicina, si accuccia ai miei piedi, si struscia contro le mie gambe, aprendo una bocca smisurata. Poi si ricompone, ha un musetto grazioso. Chiude gli occhi, mascalzone. E’ finita. non c’è nulla di più insidioso, come sonnifero, di due occhi chiusi, tranquillamente, inesorabilmente chiusi. La fiamma, calmatasi, col suo maturo ardore compie l’opera. E’ delizioso, questo caldo sonno vicino al fuoco: si diventa qualcosa fra il gatto e il sultano. Un sogno che faccio spesso in questi casi è quello che chiamo dalla città sul fiume. Il fiume azzurro, la città orientale e le donne brune, che vanno svelate per le sue strade, portano calzoni da baiadera e babbucce in cuoio rosso e turchino. E’ il mattino, e allora il vento s’ingolfa tra le case, sì che i i gambi dei garofani tentennano sui davanzali; è sera, e la luna d’oro sale sul fiume. Pare l’ornamento di una di quelle donne di cui v’ho parlato. Quando mi sveglio il fuoco è quasi morto, e il po’ di bragia che resta ha il colore ardente e chiaro del geranio.

Da “Poesia”  n. 298, novembre 2014. Crocetti Editore

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